Il detenuto Da Ponte era in prigione da otto anni per aver spaccato la testa a un carabiniere, quando gli era venuta l’idea di scrivere il poema pastorale della sua infanzia. Perché lui era cresciuto in campagna e quello che era pastorale lo conosceva benissimo. E quando sentiva venir giù la pioggia là fuori, si ricordava di quando la pioggia gocciolava giù dalla grondaia rotta di casa sua, e lui da ragazzo era in mezzo ai dispiaceri di famiglia, nell’immenso universo dove si vede che aveva il destino di finire così. Di sera nella sua cella stava a pensarci fino a quando si stancava e dormiva, senza aver più la smania di andare fuori a vedere com’è il mondo. E si diceva che anche in prigione uno continua sempre la sua solita corsa, e se non ha l’ansia di correre via anche quello è un posto dove ci si abitua. Così gli bastava pensare al poema pastorale della sua infanzia e per il resto gli andava bene quasi tutto.
Gianni Celati, Cinema naturale, Feltrinelli, 2003, pag. 60.
Sentite anche voi qualcosa di familiare e bello nell’incipit di questo racconto di Celati ? Mi sono chiesta molte volte cosa nella scrittura di quest’uomo mi fa così contenta, e mi sono risposta che è il ritmo lento, la musica composta. E a sentirlo parlare me ne convinco ancora di più, come in questo breve filmato di Davide Ferrario:
http://www.doppiozero.com/materiali/mondonuovo
Buon compleanno a Gianni Celati, che oggi compie 80 anni.