Quando ero più giovane vedevo nella Terra un luogo sostanzialmente stabile e sereno, dotato di un equilibrio delicato, quasi divino, che l’uomo era riuscito a sconvolgere. Ma studiando i sentieri sempre più da vicino, questa fantasia è lentamente svanita. Ora considero la Terra l’opera d’arte collettiva di migliaia di miliardi di scultori, grandi e piccoli. Pecore, uomini, elefanti, formiche: ognuno di noi modifica il mondo al nostro passaggio. Quando costruiamo arnie, nidi, capanne di fango o torri di cemento, ridisegniamo i contorni del pianeta. Quando mangiamo, convertiamo materia vivente in rifiuti. E quando camminiamo, creiamo sentieri. La domanda che dobbiamo porci non è se dovremmo plasmare la Terra, ma come.
Robert Moor, Percorsi, Corbaccio, 2017, pag. 137