Tempo perduto ed ombre da cercare,
immateriali e vane sotto il vetro
della memoria spastica, il cui metro
s’allunga a dismisura per trovare;
tempo futuro tutto da scontare,
che remeando gli anni guarda indietro
nel sogno di corregger ciò che tetro
avvolge in sue catene e cielo e mare;
tempo presente, opaco e fuggitivo
che in tua puntuale essenza non esisti
e solo nel deludere sei vivo;
tempo non tempo di beati e tristi
che dell’umano hanno varcato il rivo,
esisti, o tempo? O tempo mio, resisti.
Michele Mari, in AA.VV, Chi ha tempo. Storia di giorni che corrono, Marcos Y Marcos, 2016, pag. 129