Si accedeva inoltre al livello della cultura nazionale, i nostri propri classici, in ciascuno dei quali si trovava la conferma che l’Italia è un paese con un dono infelice di bellezza in seguito rimediato dall’improvviso connubio di Garibaldi con Cavour. Dante era ammirevole perché scriveva cose, e il Petrarca perché scriveva parole. Il Carducci era maschio, e il Pascoli femmineo: bravi l’uno e l’altro. Tutti sono da pregiare per qualche motivo. Nel caso del Tasso è un grande squilibrio, in quello del Manzoni un grande equilibrio. Tutto conta esattamente come il suo opposto. Finché si crede che l’Ariosto scrivesse quasi all’improvviso, lo si loda; quando risulta che correggeva e limava come un matto, lo si loda ancora. Evviva la spontaneità: evviva il contrario. Forse il massimo del merito sta nell’imitare col massimo di laboriosità il massimo di spontaneità!
Luigi Meneghello, Fiori italiani, Rizzoli, 2006, pag. 83.