I libri del futuro ormai presente

Da adolescente amavo i libri di fantascienza. La biblioteca paterna ne era ricca e quindi ne lessi parecchi. Poi, improvvisamente, la mia passione per questo tipo di letteratura sparì; unica eccezione, Philip K. Dick e le sue allucinate visioni distopiche. Non leggevo quindi un romanzo di SF da decenni, ma in una delle mie terapeutiche visite in Sala Borsa sono incappata in un volumetto Sellerio che mi ha incuriosito. Dell’autore, Stanislaw Lem, sapevo che era l’autore di quel Solaris da cui Andrej Tarkovskji aveva tratto l’omonimo, magnifico film (che sarebbe anche ora di rivedere dopo forse 30 anni), quindi gli ho dato fiducia. La storia è quella di un astronauta che torna sulla Terra dopo una spedizione galattica: biologicamente ha 40 anni, ma secondi gli orologi terrestri invece ne ha 157 e quello che trova è un mondo completamente diverso, dove le emozioni non esistono più. Considerando che il libro è stato scritto nel 1961, ossia 60 anni fa tondi tondi, trovo abbastanza sorprendente la descrizione dell’evoluzione del libro e dell’esperienza della lettura che qui sotto vi cito. C’è dentro in pratica buona parte del nostro presente: e-book, print on demand, informatizzazione della libreria, e il rimpianto per il libro di carta, che ovviamente sottoscrivo…

Trascorsi l’intero pomeriggio in libreria. Libri non ce n’erano. Da quasi più di cinquant’anni si era smesso di stamparli. E pensare che ne avevo tanta voglia, dopo tutti i microfilm di cui era composta la biblioteca del Prometeo. Pazienza. Non sarebbe stato più possibile frugare negli scaffali, soppesare i volumi, sentirne quel peso che quasi faceva prevedere la durata della lettura. La libreria ricordava piuttosto un laboratorio elettronico. I libri consistevano in piccoli cristalli a contenuto fisso. Si potevano leggere con l’aiuto di un opton. Era qualcosa di simile a un libro, a parte il fatto che aveva un’unica pagina tra i due cartoni della legatura. Bastava toccarla che subito apparivano, una dietro l’altra, le restanti facciate del testo. Ma gli opton si usavano poco, come mi disse il robot-venditore. Il pubblico preferiva i lekton, che leggevano ad alta voce e potevano essere regolati su qualsiasi tipo di voce, di ritmo e di modulazione. Soltanto le pubblicazioni scientifiche a tiratura molto limitata venivano ancora stampate su un tipo di plastica che ricordava la carta. Fu così che tutti i miei acquisti entrarono in una sola tasca, benché si trattasse di quasi trecento titoli! […] Il robot che mi serviva era lui stesso un’enciclopedia grazie al fatto, come mi disse, di esser direttamente collegato, attraverso i cataloghi elettronici, con i modelli di tutte le possibili opere esistenti sulla Terra. Nella libreria si trovavano, in linea di massima, soltanto singoli esemplari dei libri e, quando qualcuno ne aveva bisogno, si faceva fissare in un cristallo il testo dell’opera richiesta. […] I problemi delle tirature e delle edizioni esaurite avevano cessato di esistere. Era effettivamente una bella conquista, ma ciò nonostante provavo rimpianto per i libri.

Stanislaw Lem, Ritorno dall’universo, Sellerio, 2021, pagg. 119-20

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