…non conosco nulla di meglio di queste pagine di Walter Benjamin scritte negli anni 30 del secolo scorso e riferite ad un’infanzia di fine Ottocento. Eccole in regalo ai lettori di questo blog
Un angelo di Natale
Gli alberi davano il via. Un mattino, ancor prima che cominciassero le vacanze, i silvestri sigilli costellavano gli angoli delle strade e sembravano stringere d’ogni canto la città come una gigantesca confezione natalizia. Ma poi un bel giorno essa esplodeva e riversava dal suo grembo giocattoli, noci, paglia e addobbi per l’albero: il mercato di Natale. Insieme a loro però anche qualcos’altro faceva la sua comparsa: la miseria. Come infatti sul rituale piatto natalizio potevano figurare, accanto al marzapane, mele e noci abbellite da qualche orpello, alle stesso modo nei quartieri più ricchi si potevano incontrare dei poveri con nastrini d’argento e candele variopinte. I ricchi però mandavano avanti i loro bambini per comperare da quelli dei poveri pecorelle lanute o per distribuire elemosine, che essi per pudore non consegnavano direttamente. Nel frattempo sulla veranda già aveva preso posto l’albero, che mia madre aveva comperato in segreto e aveva fatto portare in casa dalla scala di servizio. E ancor più meraviglioso di tutto ciò che gli avrebbe conferito la luce delle candele era il vedere come la festa imminente si intessesse ogni giorno più fittamente tra i suoi rami. Nei cortili facevano la loro comparsa gli organini a dilatare con le loro nenie l’ultima attesa. E ciò nondimeno anch’essa finalmente era consumata, e veniva di nuovo uno di quei giorni di cui qui ancora ricordo i più remoti. Aspettavo nella mia stanza fin che arrivavano le sei. Nessuna festa della vita adulta ha esperienza di quest’ora, che vibra nel cuore del giorno come un dardo. Era già buio, e tuttavia non accendevo la lampada per non distogliere lo sguardo dalle finestre sul cortile dietro le quali si accendevano ora le prime candele. Di tutti gli istanti di cui è intessuta l’esistenza dell’albero di Natale, il più arcano è quello in cui esso immola all’oscurità rami ed aghi, per non essere null’altro che una costellazione inattingibile e tuttavia vicina nella buia finestra di un appartamento. E però, mentre qua e là qualche altra costellazione si accendeva allegra dietro una finestra ritardataria, ed altre invece seguitavano a rimanere oscure, ed altre, ancor più desolate, languivano nella luce a gas di tutte le altre sere, mi sembrava che queste finestre natalizie racchiudessero in sè la solitudine, la decadenza e lo stento: tutto ciò di cui la povera gente taceva. Poi di nuovo mi sovvenivo della cerimonia dei doni che i miei genitori stavano preparando. Ma non appena mi ero staccato dalla finestra, con il cuore greve come soltanto lo rende l’aspettazione di una felicità sicura, avvertivo nella stanza una presenza straniera. Non era che un brivido dell’aria, così che le parole che si formavano sulle mie labbra sembravano le increspature con cui una vela immota risponde improvvisamente ad una fresca brezza. Ogni anno viene il giorno In cui il bambin Gesù In terra fa ritorno Tra gli uomini quaggiù – con queste parole l’angelo, che in loro s’era appena annunciato, s’era anche subito dileguato. Ma non indugiavo per molto nella stanza vuota. Ero atteso in quella di fronte, dove ora l’albero splendeva in quella gloria che me lo rendeva straniero, sino a che, mutilato dello zoccolo, abbandonato nella neve o grondante di pioggia, esso concludeva la festa là dove l’organino l’aveva aperta.
Walter Benjamin, Infanzia berlinese, Einaudi, 1982, pagg. 87-89
Ti auguro un 2022 ricco di gioia e serenità. Buon Anno🎉🎇🎉
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Infanzia berlinese, un bellissimo libro
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Tanti auguri carissimi per un felice Natale💝
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