Non ci sono più eventi al di fuori di quelli mediatizzati. L’espressione “evento mediatico” è un pleonasmo. Anche quando non siamo d’accordo con questo o quel commentatore, anche se abbiamo reazioni “personali” davanti ai fatti del mondo, noi crediamo di conoscerlo questo mondo e i suoi attori, Abbiamo una familiarità sempre più grande con lo stato del mondo, e l’evidenza delle immagini ci fa dimenticare che in realtà non abbiamo visto niente, che sappiamo poco e lo sappiamo male. Alla stessa stregua, crediamo di conoscere le persone che ci governano perché ne riconosciamo l’immagine. L’effetto perverso dei media, indipendentemente dalla qualità e dalle intenzioni di chi li dirige, sta nel fatto che ci insegnano a riconoscere, ovvero a credere di conoscere e non a conoscere o ad apprendere.
Marc Augé, Che fine ha fatto il futuro?, Eleuthera, 2009, pag. 39
Sembra un libro interessante; questa citazione che riporti offre un bello spunto di riflessione.
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Il sottotitolo del libriccino (110 pagine) è “dai nonluoghi al nontempo” e riassume bene i temi trattati, dalla globalizzazione all’antropologia del quotidiano cui Augé ci ha abituato. Scritto 13 anni fa, ma attualissimo; uno di quei libri che sembrano avvicinarsi a sfiorare l’essenza dell’inquietudine di questi temp(acc)i che viviamo.
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