Il tuo problema è la distanza siderale tra il progetto di scrivere e gli strumenti di cui disponi per attuare questo progetto. A me pare che ti manchi del tutto la confidenza tecnica con le parole nella loro correttezza ordinaria, convenuta. La tua imperizia è prima di tutto un difetto di minuto mantenimento della lingua italiana nei suoi episodi minimi, elementari. Non sto dicendo che non sai l’italiano. Dico che hai scarsa assiduità con un italiano scritto che non sia il tuo.
Marco Cavalli, Lettera standard (e apocrifa) agli aspiranti scrittori che non leggono abbastanza, in Sette note sulla lettura, Angelo Colla editore, 2010, pag. 98
qualcuno dica al Signor Cavallari che gli scrittori, intendo i professionisti, quelli contrattualizzati dai grandi editori, non leggono proprio niente oltre a ciò che scrivono loro (documentarsi a parte). La verità sta nell’esatto opposto, i grandi divoratori di libri non sanno scrivere, non hanno una identità autorale.
Discutibile anche questo passaggio: ” A me pare che ti manchi del tutto la confidenza tecnica con le parole nella loro correttezza ordinaria, convenuta.”, il linguaggio, le parole, devono essere in perfetta simbiosi con l’impianto narrativo e le peculiarità del racconto, non esistono convenzioni in merito.
L’editoria Italiana è uno strano animale che si autoalimenta, se mezza Italia scrive e l’altra metà non legge è proprio per l’incompetenza che caratterizza il settore. Questa è la patria di Dante Alighieri ma noi chiamiamo “scrittori” Fabio Volo, Federico Moccia, ecc. ecc.
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